Ridurre i tempi non basta: un picking ottimizzato parte dalla visibilità e si chiude con la tracciabilità.
Chi ha familiarità con la logistica interna di una PMI sa bene che il picking non è solo “andare a prendere della merce in magazzino”. È, in realtà, uno snodo operativo decisivo, dove si intrecciano precisione, velocità e coordinamento tra le informazioni digitali e il movimento fisico delle merci. Un picking lento, frammentato o soggetto a errori si traduce in ritardi, rilavorazioni, sovraccarichi sul personale e, in molti casi, problemi di produzione o spedizione.
L’ottimizzazione del picking non deve essere confusa con una generica spinta alla produttività. Non si tratta di correre di più, ma di muoversi meglio. È un lavoro di cesello: rimuovere i passaggi superflui, prevenire gli errori tipici, accorciare i percorsi, dare alle persone strumenti chiari per decidere rapidamente e agire con precisione.
Affrontiamo il tema in modo pragmatico, analizzando come le PMI possono rendere il picking un punto di forza, senza inseguire soluzioni fuori portata.
Ripensare la disposizione: l’arte (dimenticata) di dove mettere le cose
Molti magazzini industriali italiani portano sulle spalle anni, se non decenni, di stratificazioni logistiche. Le merci si trovano dove sono sempre state, e la disposizione segue logiche ereditate, non necessariamente funzionali. Il risultato è una mappa mentale del magazzino che esiste solo nella testa di un paio di operatori storici. E questo è un problema.
La prima vera strategia per ottimizzare il picking è ripensare la mappa del magazzino. Questo significa, per esempio, mettere in discussione l’attuale logica di ubicazione, analizzando quali articoli escono più spesso, quali insieme e da dove è meglio accedervi. Chi ha un WMS può ricavare queste informazioni direttamente dallo storico dei movimenti. Chi non ce l’ha, può partire con una semplice osservazione quotidiana, affiancata da rilevazioni manuali temporanee.
Una volta ottenuto questo quadro, è possibile organizzare le merci secondo logiche di rotazione (alta, media, bassa) o di combinazione (articoli che escono spesso insieme), posizionando quelle più dinamiche nelle zone più accessibili e vicine alle uscite o ai banchi di preparazione.
Questa fase richiede metodo, ma produce risultati stabili. Ridurre anche solo del 20% i metri percorsi da ogni operatore significa avere più tempo per ogni missione e meno affaticamento, con un beneficio diretto sulla qualità del lavoro.
Dalla carta al palmare: come guidare il prelievo senza incertezze
Stampare una lista di prelievo e affidarla a un operatore è una pratica ancora molto diffusa. Ma è anche una delle principali fonti di errore. Una voce non barrata, un codice confuso, una quantità mal interpretata e il danno è fatto: l’errore non si nota subito, ma esplode in produzione o durante la spedizione.
L’alternativa? Guidare il prelievo in modo digitale. I terminali barcode – oggi economici e robusti – consentono di inviare all’operatore la missione da eseguire direttamente sullo schermo, indicando dove andare, cosa prelevare, in che quantità e con quale verifica. La scansione dell’ubicazione e dell’articolo evita errori di lettura e attiva controlli in tempo reale.
Questo approccio ha due vantaggi fondamentali. Il primo è che l’operatore lavora con maggiore sicurezza e meno stress. Il secondo è che l’azienda ottiene tracciabilità completa e può correggere subito eventuali anomalie.
Non si tratta di “tecnologizzare” il lavoro per principio. Ma di mettere ordine e coerenza tra flusso informativo e flusso fisico.
Picking intelligente: scegliere il metodo giusto per ogni contesto
Non esiste un solo modo per fare picking. Esistono diverse modalità, ciascuna con caratteristiche specifiche e livelli diversi di complessità. Molte PMI adottano il cosiddetto picking discreto, cioè un operatore raccoglie tutto il materiale per un solo ordine, dall’inizio alla fine. È semplice da organizzare, ideale in contesti con volumi modesti o con ordini molto diversi tra loro, ma può diventare inefficiente quando cresce il numero di ordini o si ripetono spesso articoli comuni.
In alternativa, è possibile adottare altri metodi, più adatti quando i volumi aumentano, gli articoli sono spesso ripetitivi o si ha l’urgenza di ottimizzare i percorsi degli operatori:
Batch picking
Con questa modalità, l’operatore riceve un’unica missione che accorpa più ordini contemporaneamente. Invece di uscire una volta per ogni ordine, raccoglie tutti gli articoli richiesti in una sola tornata, ordinati per percorso ottimale. La separazione dei diversi ordini avviene successivamente, in una fase detta di “smistamento” o “sorting”. È particolarmente utile se molti ordini contengono gli stessi articoli o se il magazzino è compatto.
Esempio pratico: se tre ordini contengono tutti il codice “BULL100” (una scatola di bulloni), l’operatore lo preleva una sola volta, in tre unità, e poi lo divide al banco di preparazione. Si riducono così le distanze percorse e i tempi morti.
Zone picking
In questo caso, il magazzino viene suddiviso in aree o “zone”, e ogni operatore è responsabile solo della sua zona. Gli ordini vengono “spezzati”: ciascun operatore preleva solo gli articoli presenti nella sua area e li passa poi alla zona successiva, fino al completamento.
Questa modalità è utile in magazzini grandi o dove gli articoli sono fortemente segmentati per famiglie merceologiche o per collocazione fisica.
Esempio pratico: l’ordine contiene viti (zona A), vernici (zona B), e utensili (zona C). L’operatore della zona A inizia, passa la scatola a quello della B, che aggiunge la vernice, e così via fino al completamento. Se integrato bene con il WMS, questo sistema può garantire tempi stabili anche con un alto numero di ordini paralleli.
Wave picking
Nel wave picking, il WMS rilascia le missioni in ondate, cioè gruppi di ordini che devono essere evasi in base a orari di spedizione, priorità o logiche di carico. A differenza del batch picking, qui non è l’operatore a gestire più ordini, ma è il sistema che raggruppa le attività in momenti ben pianificati della giornata.
Esempio pratico: alle 10:00 il sistema rilascia la “wave” di tutti gli ordini che devono partire entro mezzogiorno. Gli operatori ricevono i loro incarichi con priorità temporale già incorporata. Questo approccio favorisce la puntualità delle spedizioni e riduce i colli di bottiglia nei picchi operativi.
Quando e perché scegliere un metodo
Ogni metodo ha senso solo se applicato con coerenza rispetto a:
- Tipologia di ordini (molti articoli uguali? tanti piccoli ordini diversi?)
- Struttura fisica del magazzino (piccolo? multi-zona?)
- Strumenti informatici disponibili (WMS con supporto alle missioni avanzate?)
- Livello di preparazione del personale (quanto è pronto a gestire nuovi flussi?)
Nelle PMI manifatturiere, una buona prassi è quella di iniziare con il picking discreto, introdurre gradualmente il batch per articoli ad alta rotazione e poi valutare lo zone o wave picking solo dopo aver consolidato le basi. Il passaggio va sempre accompagnato da test pilota e misurazioni chiare dei risultati ottenuti.
Rendi visibile il processo: il potere della chiarezza visiva
Un’altra leva sottovalutata è il visual management. Un magazzino ben segnalato, con percorsi chiari, etichette leggibili, codici coerenti e una mappa sempre aggiornata, aiuta gli operatori a muoversi con sicurezza. Dove tutto è chiaro, si sbaglia meno.
In alcune aree ad alta densità di prelievo, può valere la pena installare sistemi pick-to-light: luci che indicano esattamente quale articolo prelevare. Ma anche senza arrivare a questi livelli, piccoli accorgimenti – come l’uso di colori per identificare le zone o l’aggiunta di pittogrammi sulle etichette – possono fare una grande differenza.
Non servono tecnologie complesse. Serve coerenza tra segnaletica, sistema informativo e prassi operativa.
Il picking si misura: imparare dai dati
Ogni processo può essere migliorato solo se viene misurato. Anche il picking. Eppure molte aziende non rilevano in modo sistematico quanto tempo serve per una missione, quante righe vengono gestite per turno, quanti errori si verificano ogni giorno.
Chi dispone di un WMS può attivare dashboard automatiche. Chi non lo ha, può iniziare con rilevazioni manuali o estrazioni da Excel. L’importante è identificare pochi indicatori chiave e seguirli nel tempo: righe prelevate per ora, errori rilevati, interruzioni nel flusso, ordini non completati.
I dati non servono solo per “misurare”, ma per decidere dove intervenire. Un aumento improvviso degli errori? Forse serve una formazione mirata. Una riduzione delle righe/ora? Potrebbe esserci un collo di bottiglia nella disposizione.
Le persone al centro: formare, spiegare, standardizzare
La tecnologia non è nulla se le persone non sono in grado di usarla correttamente. In tema di picking, la formazione è una leva cruciale. Non basta spiegare come si fa un’attività: serve rendere esplicito il processo, fissarlo in procedure chiare, ripeterlo nei momenti chiave, affiancare chi è in difficoltà.
Una buona procedura operativa (SOP) spiega passo passo cosa fare in ogni situazione. Ma ancora più importante è affiancare l’operatore durante le prime esecuzioni, verificare insieme, raccogliere i feedback. Il picking è un lavoro di precisione che non si improvvisa. E ogni errore evitato a monte vale più di un controllo a valle.
Costruire un sistema stabile, non solo veloce
Ottimizzare il picking significa costruire un processo robusto. Non si tratta di correre di più, ma di progettare meglio ogni passo. Le strategie efficaci non sono un “intervento una tantum”, ma un ciclo continuo: osservare, intervenire, misurare, correggere.
Ogni magazzino può migliorare. Anche senza rivoluzioni, anche senza costosi automatismi. Basta avere metodo, attenzione e la volontà di uscire dal “si è sempre fatto così”.
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